Maupal, Pasolini e la street art: il Pigneto è un museo a cielo aperto

Andrea Desideri
Andrea Desideri

C’è chi li apprezza e chi no, chi li studia, chi li guarda, chi addirittura li deturpa. Quel che è certo, agli inizi del 2016, è che i graffiti non possono essere ignorati. Soprattutto a Roma, passeggiando al Pigneto (nei pressi del Bar Necci), non si può far a meno di notare l’occhio di Pasolini che troneggia e scruta tutto in mezzo al quartiere. L’autore dell’opera è Maupal, al secolo Mauro Pallotta. Artista e writer conosciuto per i suoi capolavori artistici, famosi nella Capitale e non solo. La sua tag, che i più semplici definirebbero firma, trova spazio nella Città Eterna grazie a realizzazioni di street art di matrice pasoliniana (come il lavoro al Pigneto), ma anche grazie a disegni che l’hanno reso famoso per l’estro e lo sprezzo del pericolo. Uno su tutti: il Super Pope a venti metri dall’entrata del Vaticano, che gli è valso un ritorno mediatico non indifferente. Con l’arte di strada si racchiude – a livello cross mediale – tutto quell’insieme di forme artistiche che troviamo in luoghi pubblici, spesso illegalmente, attraverso le tecniche più disparate: bombolette spray, adesivi artistici, arte normografica, proiezioni video, sculture e quant’altro; la sostanziale differenza tra arte di strada e graffiti si riscontra nella tecnica: non necessariamente si usa vernice spray, né tantomeno si è vincolati allo studio della lettera ma possono prender vita vere e proprie opere pittoriche attraverso uno spunto. Tuttavia, il punto d’incontro fra il graffitismo e l’arte urbana si può ricondurre alla modalità d’esecuzione oltre all’origine etimologica (writing). 

L’artista romano, attraverso un excursus dettagliato, ha spiegato come questa forma d’arte sia arrivata in ritardo nel nostro Paese: “Roma e l’Italia hanno iniziato tardi a scoprire la street art, quando già in Europa e in America c’era da qualche decennio. Io stesso, pur avendo già 43 anni, sono in ritardo poiché ho iniziato come un normale pittore: appena uscito dall’Accademia, dipingevo per vendere le mie opere e metterle in galleria. Sono stato catapultato nel circuito della street art nel 2014 – due anni fa – grazie a “Super Pope”, il graffito sul Papa. Non era una mia volontà (non che mi dispiaccia) essere uno street artist, quell’opera, però, nacque per strada e perciò hanno cominciato a conoscermi sotto quell’aspetto. Ho preso la palla al balzo e ho deciso di continuare a fare cose in strada”. Questo tipo di arte discende direttamente dalla pop art e dal graffitismo, ponendosi però in un nuovo panorama a cavallo tra comunità sociale e mondo dell’arte, verso chi più propriamente artista propone i suoi lavori o chi, diversamente, utilizza la strada come luogo ribalta e vettore comunicativo. L’arte urbana italiana si colloca a partire dagli inizi del Duemila, precisamente intorno al 2005 – 2006, con le scuole di Milano, Bologna e Roma. In questo triangolo di suggestioni emergono tecniche e visioni differenti, in grado comunque di trovare qualche punto di contatto. La prima tra le tre si concentra su una massificazione degli interventi per intercettare un pubblico il più vasto possibile, con decorazioni di piccola e media grandezza, sempre in grave contrasto con la municipalità e il governo della città. La seconda ha sviluppato invece uno stile che rende massiccia ogni decorazione più che una serialità serrata di interventi per le strade, che passano talvolta in secondo piano rispetto a fabbriche e aree metropolitane dismesse. Roma ha la sua importanza per quanto riguarda la tecnica normografica, grazie a Sten & Lex, attivi dal 2001 e considerati tra i pionieri dello “stencil graffiti” in Italia.

Mauro Pallotta, invece, fa propria la tecnica della stick art: “Prima dipingo su carta, ritaglio e poi vado ad incollare – a mo di manifesto – la mia opera. Lo stencil, al contrario, è un disegno ritagliato e poi con lo spray si va nei ritagli e crei il disegno così. Il mio non è uno stencil, è proprio un poster. Come se fosse un poster. Naturalmente, però, so fare anche stencil. Vado pure a dipingere direttamente sul muro (come nel caso dell’Occhio di Pasolini o della Lupa al Quadraro), però, quando ho i permessi, il tempo e nessuno mi rompe le scatole”. Altro aspetto, questo poco battuto ma molto dibattuto, è quello della legalità di un’opera: “Quando una cosa è illegale, invece, la preparo prima. Cerco il muro giusto, il momento opportuno e poi la incollo; principalmente di notte, insomma. Ci son meno occhi (ride)”. Ciò che emerge è che molto spesso si ricorre al disegno non autorizzato sui muri, perché la burocrazia dei comuni rallenta l’iter artistico: ”Io, sinceramente, per un paio di lavori ho necessariamente dovuto ottenere dei permessi. Tuttavia, se io – ogni volta – dovessi andare a chiedere un permesso, ti assicuro che passa la voglia perché loro decidono dove, quando, addirittura mettono dei paletti sul soggetto da rappresentare. Allora, se vuoi fare o dire qualcosa, la prendi e la fai a tuo rischio e pericolo. Se vuoi mostrarti soltanto per ego o anche, semplicemente, per metterti alla prova, allora aspetti i permessi. Fai le cose perbene, però, poi non puoi fare quello che dici tu. Non puoi farlo dove decidi tu e così via. Io stesso, quando ho fatto il Super Pope, mi son beccato la denuncia; anche se poi era piaciuto al Papa, era piaciuto al sindaco, e allora me l’hanno strappata. Io faccio ogni cosa prendendomi tutti i rischi, poi se mi beccano … che devo fare? (Ride) cerco di non farmi beccare. D’altronde, siamo in un Paese dove la legalità è molto rigida per le cose superficiali e molto blanda per le cose molto pesanti. Siccome è facile andare a colpire l’artista di 25 – 30 anni che cerca di dipingere qualcosa per strada, il rischio che ti becchino c’è sempre. Secondo me, però, vale la pena rischiare se hai qualcosa da dire”

Lo Stivale è imbrigliato nelle carte che rendono la burocrazia un impedimento per chi vuole disegnare in strada, all’estero invece troviamo una situazione molto diversa: “La street art all’estero è già qualcosa di ormai acquisito su tutti i fronti: a livello istituzionale, a livello di feedback dalla società. Non crea problemi, non ci sono problematiche di zone piuttosto che altre. E’ tutto ormai acquisito, nel senso che vai a Londra e sai che magari nella zona est è più facile poter fare qualcosa, cerchi qualcuno che ti possa rimediare il permesso per fare o meno quel muro. A me è capitato di arrivare a Londra per dipingere la Yoga Queen con scritto dietro ‘Mind the gap’, un monito agli scozzesi, in quattro e quattr’otto, al pub ho conosciuto un tizio e col tempo di una birra avevo il permesso timbrato dal comune che mi difendeva dalla Polizia. In venti minuti, al pub. Per una cosa del genere, a Roma, devi essere amico di tizio e Caio. Quando va bene, passano i mesi. Se hai un’idea oggi, forse avrai il permesso dopo un anno e mezzo”.

Estro, capacità, tecnica e fantasia a servizio di tutti. Dire qualcosa attraverso un disegno che resta indelebile. Un muro, una strada, uno scorcio che si presta ad essere cornice a cielo aperto e veicolo di messaggi che, forse, non sono così scontati e facili da dire. Dietro ad un sorriso, alla Regina, alla Lupa c’è sempre qualcosa in più. Fosse anche la tenacia di chi ama rischiare la propria reputazione per dar vita a qualcosa di raro e prezioso, col tempo, quasi utopico: la libertà di essere artisti senza scendere a compromessi. L’unica linfa è lo stupore di chi guarda, segno imprescindibile che fa pensare quanto nulla sia impossibile. Maupal è la tessera che compone un mosaico di artisti capaci a non arrendersi, continuando a coltivare la passione artistica come maestra di vita. 

Andrea Desideri
Andrea Desideri

© Andrea Desideri. Tutti i diritti riservati.
Powered by Supernero.