Paolo Calabresi: “Voglio bene a Biascica e spero in un nuovo Boris, intanto mi godo Smetto Quando Voglio”

Andrea Desideri
Andrea Desideri

Aspettiamo di vederlo col solito gilet grigio e la maglietta della Roma, con in testa lo zuccotto nero e la scritta “asshole”, invece lo troviamo in giacca e cravatta (stavolta non faceva la Iena e nemmeno il sosia di Nicolas Cage per imbucarsi alle trasferte dei giallorossi) a vedere e rivedere “Smetto Quando Voglio – ad honorem”. Paolo Calabresi non è solo Biascica, l’elettricista più amato e controverso d’Italia, è anche uno degli attori protagonisti della saga diretta da Sydney Sibilia che, da qualche giorno, è al cinema con il capitolo conclusivo della trilogia. L’abbiamo incontrato proprio in sala e, al termine del film, ha voluto parlare con noi del suo presente, passato – ogni riferimento a “Boris” non è casuale – e futuro artistico. 

Sei tra i protagonisti di “Smetto Quando Voglio – ad honorem”, capitolo conclusivo della saga di Sibilia, tira le somme di questa avventura cinematografica.

Questa saga ha impegnato tutti noi per quasi cinque anni, quindi, insomma, ci lasciamo alle spalle un pezzo di vita. Adesso vedere tutto finito, anche se l’abbiamo girato ormai più di un anno e mezzo fa, è impressionante. Con molti già ci conoscevamo, altri venivano dall’esperienza in “Boris”: Sermonti, Aprea. Comunque un film è sempre un viaggio insieme, è come andare su una barca e attraversare il mare, quindi figurati farne tre.

Tu hai citato “Boris” prima, vedendo il film – proprio perché alcuni di voi si sono ritrovati – è tangibile qualche somiglianza in alcune scene: per esempio, nell’ultimo “Smetto”, c’è una scena dove siete nudi che ricorda la parodia di Lars Von Trier che avevate riproposto in un episodio della serie. Quanto, secondo te, Sibilia ha attinto da quel tipo di repertorio?

Sì, in una scena di “Smetto”, eravamo nudi. Forse un po’ troppo (ride). Credo che Sydney non abbia direttamente attinto a Boris, però, sicuramente quello che accomuna questi due progetti è il fatto che comunque si tratta di una comicità molto simile perché è un po’ surreale, a volte, quasi al limite della realtà e allo stesso tempo molto credibile. I personaggi hanno delle problematiche molto reali, ci sono anche delle sofferenze, se vuoi. Questo si ritrova anche in “Boris”, insomma. Biascica, per esempio, a modo suo, è un rappresentante del precariato come lo è Arturo Frantini: si aspettano straordinari che non arrivano mai! (ride).

Dopo “Smetto Quando Voglio”, il futuro di Paolo Calabresi qual è?

Adesso ho fatto un film con Castellitto e la Ferilli (“Ricchi di fantasia” ndr), diretto da Miccichè, e dovrebbe uscire in primavera prossima o in autunno. Prodotto da Lucisano. Sto per iniziare un nuovo progetto, a gennaio girerò un nuovo film, nel frattempo sono in tournée con la ripresa di “Qui e ora” – lo spettacolo scritto da Mattia Torre – insieme a Valerio Aprea, tra l’altro. Che me lo sorbisco pure lì! (ride).

Pieno di impegni, per fortuna tua e nostra, ma questa nuova serie di “Boris” la fate oppure no?

Vorremmo davvero tanto, noi siamo prontissimi! Forse qualcun altro ancora no, e speriamo che lo diventi (ride). 

Andrea Desideri
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