“Esterno Notte” (parte I) è l’appendice prospettica del cinema di Bellocchio a 19 anni da “Buongiorno Notte” tra azzardo e occasioni perse.
Non una serie, neppure un film. “Esterno Notte” (parte I) nasce da un’esigenza, quella di Marco Bellocchio che – a 19 anni da “Buongiorno Notte” – vuole fare chiarezza e metterci del suo. Non si accontenta di conoscere la storia, ma vuole andare oltre. Riprendere una pagina buia dell’Italia per provare a frammentarne i pezzi dandole un ordine diverso: la pretesa di rintracciare un equilibrio, dare senso alle cose anche quando sembrano non averne. L’affaire Moro lascia – ancora oggi, a distanza di 44 anni – un grande senso di irrisolto.
Così il regista condivide il senso di smarrimento con lo spettatore fino a portarlo dentro un’opera cruda, diretta, ma anche densa di analogie. Quasi come fossimo al cospetto di una perenne oscurità e dovessimo cercare di dipanarla avendo le possibilità anche se mancano i mezzi: falla data naturalmente dalle ellissi processuali che restano – ancora adesso – denominatore comune fra passato e presente. “Esterno Notte” è un racconto distopico che attinge dalla realtà: Bellocchio stravolge il rapimento Moro nell’arco di 6 episodi suddivisi equamente in due appuntamenti cinematografici.
I dubbi sulla resa, tuttavia, restano perchè – se ai tempi di “Buongiorno Notte” si poteva parlare di innovazione – oggi ricorre la parola pericolo. Non tanto per il terreno impervio e disagevole che il regista decide di affrontare quanto per la maniera in cui lo fa: Marco Bellocchio è caduto nella trappola che spesso – in passato – ha compromesso il lavoro di Paolo Sorrentino. Voleva fare un film storico, ha finito per fare un film didascalico. “Esterno Notte (parte I)” ha tutte le premesse per fare la differenza, ma non le sfrutta.
Il film poteva essere benissimo una presa di coscienza ulteriore sui fatti del ’78, che culminano con il rapimento e poi l’uccisione di Moro, invece finisce per essere un’opera indolente e stanca che annega in una rischiosa “riqualificazione” di una determinata classe politica. Se l’obiettivo del racconto distopico era quello di sottolineare l’ignavia e l’indolenza di alcuni, è miseramente fallito.
Il prodotto è una versione annacquata di “Buongiorno Notte”, con l’ardua pretesa di raccontare il fallimento di una generazione politica e sociale attraverso l’impotenza (presunta) di alcuni personaggi. La caratterizzazione rassegnata data alla moglie di Moro è ingiustificata tanto a livello storico quanto a livello cinematografico. Motivo per cui la famiglia Moro ha “stroncato” il film. Senza contare la pretenziosa impresa di riabilitare un uomo dai “mille volti” (anche oscuri) come Francesco Cossiga. Bellocchio ha definito quest’opera “Un atto d’amore”. L’unico azzardo concreto di questo progetto.
© Andrea Desideri. Tutti i diritti riservati.
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