Matteo Messina Denaro soggiorna all’Aquila presso il carcere di massima sicurezza: il metodo per tenere i contatti con l’esterno.
Giovanni Luppino e Lorenza Guttadauro, due nomi, le uniche garanzie del boss. Per Matteo Messina Denaro l’autista e sua nipote rappresentano l’assicurazione sulla vita. Il capo mandamento di Campobello di Mazara, nonché ultimo esponente di Cosa Nostra relativamente allo stragismo mafioso, è molto malato: un tumore al colon determina i suoi giorni come un metronomo. La sabbia sulla clessidra è in fase discendente: ecco perchè non gli preoccupa il carcere. All’Aquila, in pieno regime 41bis, sarà tenuto sotto stretta sorveglianza e soprattutto curato attraverso chemioterapie e trattamenti medicali. Tutto organizzato: la salute come possibilità.
La speranza è che Messina Denaro possa parlare, anche se appare ancora molto difficile. Non si pente – ha detto – la prima a pentirsi invece è l’ex compagna dell’autista Luppino: “Non sapevo di avere una ‘bomba’ del genere in casa, tra me e lui – sottolinea davanti alle telecamere del TG3 – è tutto finito”. A scardinare il recente passato del boss, oltre alla confessione del gregario di riferimento (che prima fugge e poi ritratta, con la facilità di chi è davvero alle strette), un’Alfa Romeo Giulia ritrovata in mezzo alle campagne di Mazara. L’ha comprata lo stesso boss: macchina intestata alla madre di Andrea Bonafede. Il prestanome di Messina Denaro.
In questo giro anagrafico, al pari di un albero genealogico del malaffare, manca il pezzo più importante: Lorenza Guttadauro. Gli altri elementi sono soltanto pezzi che vanno ad agevolare il perno dell’ultima manovra dell’ex latitante. Il quale si permette anche di scherzare in carcere: “Ero incensurato fino a pochi giorni fa, poi non so che è successo”. Invece lo sa benissimo e a mettere ordine ci pensa proprio Lorenza, nipote ma soprattutto avvocato: nel 2009 ottiene l’abilitazione forense superando brillantemente l’esame, passo che le consente di esercitare la professione presso le giurisdizioni superiori. Anche grazie alla qualifica di cassazionista che possiede da meno di un anno. È iscritta persino al gratuito patrocinio, come sottolinea – tra le altre cose – l’elenco dell’Ordine degli avvocati di Palermo. Aiuta persino chi una difesa non può permettersela, ma stavolta a suonare il campanello d’allarme è l’uomo che l’ha vista crescere: impossibile dire di no.
Allora Lorenza asseconda e (lontano dal clamore mediatico) ringrazia: le idee sono già in circolo, la strategia anche. Messina Denaro non si presenta al primo processo per motivi di salute, ma la strada è lunga. Il punto restano i fiancheggiamenti che servono per capire una semplice, ma insormontabile, domanda ancora aperta: come ha fatto a ottenere tutti questi contatti? Intrecci a qualunque livello che non possono essere spiegati soltanto con la paura. Espediente importante, ma c’è dell’altro: una lista di persone fidate, in alcuni casi complici, sempre pronta ad ampliarsi da cui ora è impossibile arrivare. Il 41bis ha chiuso – almeno in teoria – ogni possibilità di confronto. Qui entra in gioco la nipote, come parte integrante del nuovo corso di Messina Denaro. Braccato, ma non rassegnato.
Lo snodo è attorno ai regolamenti del 41bis che consentono di vedere i parenti stretti soltanto una volta al mese e dietro un vetro. Messina Denaro se ne infischia perché conosce le leggi a menadito: la cultura l’ha sempre esercitata e coltivata, nonostante sia cresciuto in tempi in cui l’intelletto – in determinati ambienti criminali – non era una prerogativa. Il boss, pur essendo ormai fermo, sa ancora come muoversi: il legale sangue del suo sangue, l’ultimo colpo di coda dello stratega alle corde. Questo piccolo ma fondamentale particolare consente a Matteo Messina Denaro di incontrare la parente quando lo ritiene. Essendo anche e soprattutto il proprio avvocato di fiducia. L’unica a conoscere anche il contenuto degli hard disk che, attualmente, sono sotto sequestro. Esclusivo possibile raccordo tra la mafia di ieri e quella di oggi.
Tramite con il mondo esterno che Matteo Messina Denaro potrà usare a proprio piacimento, senza correre alcun rischio, dato che il vuoto normativo in tal senso è ancora presente. Il capo dei capi, come veniva chiamato anche Riina, sfrutta l’unico pertugio possibile e ci si infila con tutte le residue forze a disposizione. Mentre sul piano legislativo si discute d’intercettazioni, Denaro intercetta l’unico modo per poter fare scacco matto a chi lo tiene chiuso. La mente, però, è costretta ad aprirsi. Proprio come la porta in Via B. Marcello, 30 in quel di Palermo. Studio legale dove la Guttadauro esercita. Ormai una cosa sola con Messina Denaro, dove non arriva il sangue può arrivare l’astuzia. E, talvolta, fa più male.
© Andrea Desideri. Tutti i diritti riservati.
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