Renato Balestra muore a 98 anni, la sua figura ha rivoluzionato il mondo della moda ma anche del cinema e del glamour. Cos’è il blu Balestra.
Quelle mani affusolate sono rimaste fino all’ultimo, quando stringeva forte i propri cari, senza sapere che sarebbe stata l’ultima volta. Elegante anche nel congedarsi, Renato Balestra, in grado di far parlare di sé con un’assenza che pesa. Prima ancora del valore di un trapasso. Il lutto e la perdita possiamo e dobbiamo accettarlo inevitabilmente, ma il vuoto che lascia in termini di stile sarà un solco con cui fare i conti quotidianamente. Sobrietà, garbo e precisione.
Sempre impeccabile, proprio grazie a quella austerità e fierezza che il pianoforte gli aveva dato. Da qui anche le mani affusolate e la precisione – quasi fosse un metronomo – nel progettare, creare, con disinvoltura capolavori. Compresi dopo, magari, come tutti i più grandi, ma sempre con la voglia di distinguere e superare i canoni. Balestra con la moda non doveva neanche entrarci in contatto: era appassionato di pianoforte e studiava Ingegneria per volere dei suoi.
Uno di quelli che inizia un percorso senza sapere dove porterà: il destino farà il resto. Nel suo caso si è “vestito” – termine più che mai consono – dal suo migliore amico che per scommessa gli fece disegnare un bozzetto che poi venne segretamente spedito al Centro della Moda di Milano. Minime aspettative, massima resa. Come tutte quelle cose che accadono in gioventù e finiscono per cambiare una vita stravolgendone programmi e priorità.
L’uomo sceglie di fare la gavetta presso l’atelier di Joe Veneziani, fino al 1954, quando viene attirato dalle atmosfere della Capitale e “fugge” da Milano. Il cambio città gli permette anche di mutare prospettiva: non più solo passerelle, ma anche – tanti – palcoscenici. Il mondo del cinema lo attende. Balestra capisce che quella può essere la strada per iniziare ad affermarsi.
Così lavora con Ava Gardner, Gina Lollobrigida e Sophia Loren. Icone di un’Italia che non c’è più, dal profumo di rinascita e voglia di riscatto: è possibile rintracciare le stesse suggestioni anche oggi, ma la congiuntura schiaccia persino le idee. Allora, invece, c’erano e vincevano – per disperazione più che consapevolezza – sulla fame.
Anni in cui Balestra cura sé stesso e gli altri, anzi le altre: i suoi vestiti sono sotto la guida di leader della moda che gli consentono anche di capire come si gestisce una maison. Il debutto ufficiale arriva nel 1958, in America, con una sua collezione. Si presenta a New York e la Grande Mela lo scopre. Lo influenza, lo vizia. Nel ’61, invece, sfila alla Galleria d’Arte Moderna e l’Italia si rende conto di avere un’icona. Quelli sono gli anni in cui per la prima volta inizia a capire cosa vuole da sé stesso e dalla moda.
L’importanza del racconto sociale, le didascalie per immagini: le prime prove del “blu balestra”. Quell’eleganza casual che ha contraddistinto e caratterizzato la donna degli anni ’70-’80 in grado di guardare alla modernità attraversandola con disinvoltura in barba a tutti i tabù. Stereotipi da abbattere anche in termini di stile. Il blu, all’epoca, era impossibile da accostare all’eleganza: oggi lo abbinano al nero anche grazie alle creazioni Balestra. Capi che hanno saputo mettere insieme suggestioni prima ancora che armocromie.
Balestra ama il blu da sempre. È il suo colore preferito e lo mette alla base di un impero: il suo nome, a metà degli anni ’90, diventa un riferimento e un brand che sposta milioni. La moda in Italia passa da lui, Armani, Versace e Gucci. Alla base di tutto l’esigenza del volto senza età – il suo, ma anche quello di chi si ritrova nei suoi vestiti – e la voglia di non sentirsi mai alla fine. Sempre pronto a ricominciare, per questo le collezioni Balestra sono spesso definite graffianti. Anticipano in maniera aggressiva i tempi, rifiutando il concetto di immobilismo: la dinamicità come risposta alla stasi, dei tempi, dei costumi e dei diritti. Donne, ma anche periferie e povertà: l’esperienza con il Montespaccato dimostra che Balestra era – e sarà ancora – riqualificazione.
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Il rapporto con la nobiltà e la complicità con le classi più popolari fanno sì che diventi un riferimento per chiunque: “È stato un uomo coraggioso, tenace e incredibile. Capace di farsi da solo, per noi è un esempio”, ha detto la nipote Sofia Bertorelli Balestra. Terza generazione creativa per la famiglia che erediterà il brand. “Sarà difficile – dicono – trovare un altro come lui”. Un secolo di genialità che resta sui libri di storia, ma averlo accanto è un’altra cosa. Ora sarà possibile ritrovarlo nelle pieghe più blu di alcuni vestiti, come fossero porzioni di paradiso, dove sarà adagiato. In attesa della prossima sfilata, per dare – ovunque egli sia – l’applauso che conta.
© Andrea Desideri. Tutti i diritti riservati.
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