Rai, la fiction strizza sempre più l’occhio al cinema. I cambiamenti sono anche di contenuto oltre che stilistici.
Il Cavallo di Viale Mazzini ha iniziato a trottare: la tv pubblica è nel pieno del proprio periodo di transizione, basti pensare al caos delle nomine Rai – che ha coinvolto anche il settore dell’informazione con una vera e propria trasformazione ai vertici dei tg (non senza complicazioni) – in grado di stravolgere gli equilibri vigenti. Grandi manovre che passano anche dalla fiction e dall’apporto – cinematografico e non solo – che Rai Cinema offre nella sua vasta gamma di contenuti: cambia la valutazione e si modificano le scelte.
Il colosso della produzione cinematografico televisiva sarà grande protagonista alla Mostra del Cinema di Venezia con contenuti originali e particolarmente stimolanti: un documentario sui viaggi di Papa Francesco in primis e l’esordio sul grande schermo di Elodie con “Ti mangio il cuore” – opera di Pippo Mezzapesa – tra i progetti più attesi. Senza contare la storia, delicata e complessa, di Aldo Braibanti che ne “Il signore delle formiche” sarà interpretato da Luigi Lo Cascio con la collaborazione di Elio Germano, Sara Serraiocco e Anna Caterina Antonacci. La regia è di Gianni Amelio che torna a Venezia con la Rai dopo il successo di “Hammamet”. Opera complicata che ha trovato un ottimo riscontro nell’interpretazione di Pierfrancesco Favino.
Una Rai che, malgrado la tempesta, dove può migliora e attinge dal cinema per farlo: tendenza che ritroviamo anche nella fiction. Viale Mazzini pesca sempre più dal grande schermo per dar vita alle “storie di tutti i giorni”. Esiste – nella serialità della tv pubblica – un prima e dopo Andrea Camilleri. Il compianto scrittore trainava, fino a poco tempo fa, i contenuti stagionali di Mamma Rai. La garanzia, per quanto concerne la fiction di genere, era lui e il suo Montalbano.
Creatura cresciuta grazie alla sua penna, che ha visto – pian piano – volti noti del cinema italiano avvicendarsi a quello che era e resta un capolavoro nella fattispecie scenica oltre che nei contenuti proposti. Tematiche specchio della società che finiscono per essere senza tempo. Tuttavia il tempo passa e con la morte di Camilleri e l’inevitabile parola fine sulla striscia evolutiva di Montalbano, in un ideale sipario su Vigata, alla Rai hanno cominciato a interrogarsi su cosa fosse giusto fare.
Penne come quella di Camilleri non esistono più, ma possono nascerne altre. Anzi esistono altri scrittori pronti a dar vita a un nuovo ciclo: il passato non pregiudica il futuro, se si agisce nell’interesse comune e nella ricerca del bello. La Rai mette una toppa sulle “crepe politiche” che attanagliano Viale Mazzini con nomi di prima scelta. Parte dal tridente De Giovanni, Manzini, Venezia. Senza contare l’apporto di Gabriella Genisi. Rispettivamente hanno dato vita a “Rocco Schiavone”, “I bastardi di Pizzofalcone”, “Mina Settembre”, “Imma Tataranni” e “Le indagini di Lolita Lobosco”.
Quello che inevitabilmente accomuna queste fiction è un preponderante lato cinematografico: potrebbero, infatti, essere confezionate per il grande schermo. Il merito è quello di essere “figlie” di un lavoro di scrittura massiccio. Infatti sono tutte tratte da omonimi romanzi: non ci si affida più a “semplici” sceneggiatori, ma a scrittori che adattano la sceneggiatura. La mano autoriale si sente, non è invadente ma è presente al punto da tenere tutto unito in un perfetto equilibrio di meccanismi.
Il vanto ulteriore, poi, è quello di aver “riabilitato” il ruolo di vertice: non solo verso una questione di genere. Donne che ricoprono il ruolo apicale sul lavoro non è qualcosa che può essere relegato soltanto alla fiction, che peraltro avevamo già visto a partire dagli anni Duemila con Giovanna Scalise interpretata da Isabella Ferrari (il contesto era quello di Distretto di Polizia, ma Monica Vullo che arriva da lì dopo anni passati a fare l’aiuto regia de “Il Maresciallo Rocca”, ora mette lo zampino anche in Viale Mazzini con discreti risultati).
Stavolta le “quote rosa” si sporcano le mani: non serve a nulla far vedere che può esistere anche un Commissario (o anche assistente sociale o sostituto procuratore) donna – aspetto che dovrebbe essere scontato – se poi non “scende in campo” in prima persona (come i colleghi maschi) nel contesto action. Prima la crudezza e il pathos era qualcosa riservato solo agli uomini, al massimo in abito talare (Don Matteo docet), ora i nuovi autori hanno allargato campo e prospettive.
C’è sempre spazio per i sentimenti e i capovolgimenti di fronte, altrimenti sarebbero soltanto film d’azione, ma nella fiction odierna le signore della tv non stanno più a guardare. Anzi a guardarle sono gli altri, magari cercando di prendere esempio. La scelta di campo del Servizio Pubblico comincia dalla settima arte, per poi passare (magari) anche alle scelte politiche. Per le quali non è possibile accontentarsi di un unico ciak.
© Andrea Desideri. Tutti i diritti riservati.
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