Lula è il nuovo Presidente del Brasile. Sconfitto Bolsonaro al ballottaggio, determinante la questione ambientale: i passaggi chiave.
Luis Inacio Lula da Silva è stato eletto Presidente del Brasile per la terza volta: sconfitto Bolsonaro al ballottaggio, le proiezioni evidenziano un testa a testa serratissimo. Il leader della sinistra l’ha spuntata per qualche punto percentuale, ma la differenza su alcuni temi è sostanziale. Impossibile parlare di vittoria di Pirro poichè i favori del pronostico erano totalmente diversi: Bolsonaro, malgrado ha subìto numerosi attacchi, si è dimostrato sempre in grado di tenere botta.
Dopo la pandemia, il suo destino sembrava segnato, invece è stato in grado di cambiare faccia senza mutare nella sua politica. Questo non ha fatto altro che accentuare uno stampo destrorso, tendenza incline all’Europa nell’ultimo periodo. Anche grazie alle elezioni di Giorgia Meloni in Italia, un esito che la CNN definisce come il più a destra della storia dai tempi di Mussolini.
Tornando in Sudamerica, quello che si è rivelato determinante nella vittoria di Lula è stato il pragmatismo: Bolsonaro – in alcuni passaggi chiave – non ha saputo sfruttare appieno il proprio carisma da Presidente uscente. Ha dovuto rimediare periodicamente a numerose uscite infelici: le fandonie sul Covid, le illazioni sul personale medico, la critica costante alla scienza. E soprattutto la sottovalutazione, con relativo ridimensionamento, del problema ambientale. Gli insulti, costanti e senza reale contestualizzazione, a Greta Thunberg e la superficialità su temi caldi come il riscaldamento globale e la gestione delle risorse si sono rivelati fatali.
Lula, al contrario, fa da apripista a qualcosa che non solo interessa ma dovrebbe cominciare ad essere in cima alla lista delle priorità politiche. Oltre che imporsi a livello sociale. La questione ambientale, insieme alla rivalutazione della ricerca scientifica e la costante attenzione alla meritocrazia rispetto a scienza e istruzione, ha portato dalla parte del Partito dei Lavoratori anche una buona fetta dell’elettorato moderato che non solo si è ribellato ai conservatori, ma ha considerato Lula come “voto utile” esclusivamente per arginare Bolsonaro che nel 2018 si è imposto notevolmente.
Lula antepone alla politica sovranità del collega concetti fondamentali come la riduzione della deforestazione in Amazzonia abbinata alla fine dell’estrazione illegale di risorse. Questo vuol dire anche e soprattutto la fine delle lobby agroalimentari molto forti nel centro nord del Paese. Una transizione ecologica e il rinnovo energetico sono i punti cardine del nuovo programma di Lula che, sulla base del motto “Ordem e Progresso”, guarda ai tempi che cambiano ma soprattutto alle generazioni future.
C’è in ultima istanza la questione legata all’accordo commerciale UE Mercusor che Lula non solo sarebbe pronto a firmare, ma potrebbe anche dare una stoccata alle macroaree economiche che si sono formate in particolare grazie ai rapporti di forza degli ultimi anni. Questo accontenta, in qualche maniera, anche l’Europa che potrebbe strizzare l’occhio attraverso clausole di protezione piuttosto importanti.
I rapporti con la politica estera, infatti, sono stati il grimaldello che ha spinto il rappresentante di sinistra verso una vittoria tutt’altro che annunciata. I rapporti di Bolsonaro con il Cremlino e le intese con Putin, non ultimo il colloquio avvenuto pochi giorni dopo l’invasione russa in territorio ucraino, hanno indirizzato la campagna elettorale dei conservatori verso uno scetticismo latente. Anticamera di una sconfitta palpabile. Un Brasile più verde che oro, con l’ambiente tra i suoi nuovi dogmi, si prepara a ripartire.
© Andrea Desideri. Tutti i diritti riservati.
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