Benigni apre Venezia 78 con la dedica speciale alla moglie Nicoletta Braschi. Parole toccanti che dividono i fan.
Se esiste un luogo ameno da qualunque previsione o confine immaginabile, quello è Venezia. Specialmente nel corso della Mostra del Cinema dove il grande schermo s’intreccia con il vissuto dando vita a quel mix che attribuisce alla fine dell’estate – per quanto possibile – una sorta di magia. Film che non sono solo film, ma diventano aspettative verso il futuro.
Mai come quest’anno: si riparte, anche nelle sale, lo si sussurra per abituarsi all’idea che un po’ è vero. Sullo sfondo le polemiche “No Green pass”, dissolte come una folata di vento. In mezzo a tutto questo, red carpet che vogliono dire tutta una serie di argomentazioni esterne, anch’esse sceneggiatura e artificio retorico di uno spettacolo che, nella sostanza, non tramonta mai. Il Lido illude, talvolta, ma non tradisce: nelle pieghe di un vestito, fra i bottoni di una giacca, il sorriso di chi può ancora essere lì.
Come Roberto Benigni che torna protagonista con il Leone d’Oro alla carriera, un tributo doveroso – se si guarda al Curriculum dell’attore – culminato con la dedica alla moglie e collega Nicoletta Braschi. Amore celebrato, quello per il cinema e per la consorte, che si scontra con una serie di polemiche inserite nella serenità di un contesto che, per qualcuno, risulta essere posticcio: un po’ di mestiere c’è sempre – non a caso attore deriva dal Greco antico upocrites – colui che dissimula attraverso l’arte della pantomima. Una vita passata a vestire i panni degli altri, quando si tratta di far emergere sé stessi è più complicato.
Ecco perché è una vita, forse, che ci insegnano l’importanza della dicotomia tra attore e uomo, artista e persona. Due mondi diversi che collimano per passione ed esigenza, nel bene e nel male. Un’interpretazione dovrebbe esser giudicata nella propria interezza prescindendo dall’uomo che la incarna dando ancor più risalto a una caratterizzazione. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi perché Benigni – secondo la critica – soffre di un certo bipolarismo artistico che lo avrebbe portato in più di un’occasione a staccarsi dal pulpito scenico per passare, con una certa agilità che molti definiranno scaltrezza, dalla parte dei benpensanti. Coloro che hanno una parola buona, si fa per dire, su tutto.
"Benigni":
— Perché è in tendenza? (@perchetendenza) September 2, 2021
Per il discorso che ha dedicato a sua moglie Nicoletta Braschi dopo aver ritirato il Leone d'Oro alla carriera a #Venezia78 pic.twitter.com/g1CW3SCNiK
Il “tuttologo” Benigni – così è stato definito a più riprese dai suoi detrattori – parla di qualunque cosa: da Dante ai Dieci Comandamenti, passando per l’esegesi dell’Inno d’Italia e finendo col citare San Francesco a Sanremo. Tutti argomenti affrontati con eguale importanza e maestria che, però, hanno finito col suscitare un interrogativo: dove comincia Roberto e finisce Benigni? L’attore si è impossessato dell’uomo o viceversa? Non c’è più confine, né tantomeno riferimento. Proprio questo spaesamento fa sì che una vita professionale possa, talvolta, esser messa in dubbio dalle umane gesta.
Anche il suo schierarsi politicamente, da Berlinguer a Renzi, sempre contro Berlusconi, ha fatto sì che il pulpito da cui diceva: “Vaffanculo alla maggioranza”, citando un suo celebre film, sia diventato un’arma a doppio taglio e talvolta abbia perso di credibilità. Questo suo saltellare da guascone a timorato per poi tornare intriso di romanticismo e sorrisi potrebbe aver alterato una carriera densa di perle da ricordare. L’uomo non sopporta più l’artista o viceversa: una matassa ancora non dipanata che, a maggior ragione, desta qualche sospetto. Perfino una dichiarazione d’amore diventa un caso mediatico e gli applausi restano intrisi di scetticismo, anche quando bisognerebbe lasciare il posto allo stupore.
© Andrea Desideri. Tutti i diritti riservati.
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