Silvio Berlusconi muore a 86 anni, ma la sua eredità è tangibile nella storia contemporanea: il (controverso) rapporto con il dissenso.
Dire grazie a Berlusconi, oggi, che non c’è più, è doveroso. Proprio come si ringraziano quelle persone che, malgrado tutto, hanno condizionato la vita a tal punto che due parole (forse un po’ di più) si costretti a dirle. Lo conferma il fatto che, in anni di giornalismo, questa è la seconda volta nel passato recente che sembra essere possibile parlare a cuore aperto.
La prima è stata quando è morto Papa Wojtyla. Due persone diametralmente opposte, eppure così uguali. Non solo perchè Berlusconi Papa avrebbe aspirato ad esserlo e magari, per chi ci crede, adesso starà reclamando ai piani alti perchè non sia stato possibile. Ciascuno di noi, in quanto italiani, ha un aneddoto su Berlusconi. Alcuni anche con Berlusconi.
Soprattutto quelli che lo hanno odiato: questa categoria di persone ha un giorno – nella memoria collettiva – come spartiacque tra passato, presente e futuro (?) di un’era che volge al termine. 18 aprile 2002, in quell’occasione Silvio Berlusconi – allora Premier in diretta da Sofia, dov’era in visita ufficiale – parla di “uso criminoso” della Televisione Pubblica (RAI) da parte di Biagi, Santoro e Luttazzi.
Il riferimento, tutt’altro che casuale, era alle pesanti obiezioni che queste tre personalità (del tutto diverse tra loro) facevano all’ex Premier che si raccomandò con la nuova dirigenza Rai affinché “non si ripetessero più situazioni simili”. Un “preciso dovere morale impedirle”, disse Berlusconi. Questo fu il commento del giornalista Enzo Biagi: “Il presidente del Consiglio non trova niente di meglio che segnalare tre biechi individui: Santoro, Luttazzi e il sottoscritto. Siccome non intravede nei tre biechi personaggi pentimento e redenzione, lascerebbe intendere che dovrebbero togliere il disturbo. Lavoro qui in Rai dal 1961, ed è la prima volta che un Presidente del Consiglio decide il palinsesto”.
Quella fu la prima volta che si tornò a parlare prepotentemente nel Paese di censura. Visto che le tre personalità citate vennero poco dopo allontanate dalla Rai, malgrado le loro trasmissioni registrassero ottimi ascolti. L’argomento, ovvero la politicizzazione della Rai attraverso lo zampino di politica ed editoria, è ancora molto attuale. Allora diventava circostanziato.
Da quel giorno sono passati (altri) 21 anni, le cose sono cambiate: Biagi, Santoro e Luttazzi si sono riabilitati. In alcuni casi reinventati, in altri ancora svalutati, ma non è questo il punto. Il fattore più importante è che Berlusconi ha cambiato il Paese anche (e soprattutto) in maniera parzialmente controversa facendo credere che tutto è possibile a qualsiasi costo.
Persino limitando davvero l’espressione altrui, con una diretta in Eurovisione: un monito costante che ha messo la pulce nell’orecchio a tanti e (forse) continua a farlo. L’odio – quando c’è – per Berlusconi è relativo alla volontà istrionica di quest’ultimo di mettere a tacere chiunque con qualunque mezzo. Attraverso la complicità di un sistema che, oggi, dichiara lutto nazionale dimenticando volutamente pagine buie della storia recente.
L’ex Premier ha segnato un’epoca e va ringraziato in primis per ricordare a chiunque quanto sia sacra (anche) la libertà di parola – esattamente quella che il leader di Forza Italia ha privato a un giornalista due decadi fa con la nonchalance di chi imbavaglia il dissenso – subito prima di restare in silenzio per l’ultimo inchino. Grazie, Silvio Berlusconi. Perchè ha pagato, stavolta sì, ogni debito ma tanti altri hanno pagato prima. Anche quando non era il caso.
© Andrea Desideri. Tutti i diritti riservati.
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