Maneskin vincono l’Eurovision Song Contest e riportano in auge l’essenza del gruppo scomparsa nel recente passato non solo nella musica.
“Parla, la gente purtroppo parla e non sa di che cazzo parla. Tu portami dove sto a galla che qui mi manca l’aria”. I Maneskin vincono l’Eurovision Song Contest e riportano in Italia un riconoscimento che mancava dal 1990 (conquistato a Zagabria con Toto Cutugno) e mettono a tacere una serie di luoghi comuni e pregiudizi prima sulla musica sanremese – secondo cui i brani che arrivano nelle prime posizioni non farebbero successo subito dopo la kermesse – e poi sul nuovo modo di concepire la melodia e l’armonia su un palco. Questo gruppo di ragazzi romani ha scardinato, all’interno di una “breve” ma intensa carriera, una sequela di luoghi comuni che sono iniziati non molto tempo fa quando si diceva che i gruppi fossero al tramonto.
È l’epoca del cantautore bello e maledetto alla ricerca di sé stesso senza nessun appiglio. Se ne parlava dal settembre 2019, quando Tommaso Paradiso lasciava i “The Giornalisti” per diventare – diciamo così – freelance: mettersi in proprio ponendo fine a quell’armonia collettiva. Il gruppo non basta più, ripetevano in molti. La musica, oggi, solevano dire, si può fare da soli con i sintetizzatori. Bastano gli strumenti e le capacità, singole. Stava subentrando una sorta di autarchia e autonomia che, anche a livello giovanile, scoraggiava i gruppi. Le formazioni, i ragazzi che da una cantina sognano il palco di Wembley, come i Queen.
Restando in tema di re e regine, all’Eurovision i Maneskin hanno fatto la storia. Non solo per loro: hanno dato una lezione a tutti quelli (critici musicali compresi, gli stessi che adesso li incensano) che davano per spacciata, finita, terminata una tendenza. I Maneskin hanno dimostrato, nell’anno della prima manifestazione musicale europea ad ampio raggio dopo la pandemia, di esserci. E con loro l’essenza del gruppo: smodato, affiatato, folle, “fuori di testa, ma diverso da loro”. Da quelli per cui è troppo tardi per tutto, ma non basta mai niente.
La prova provata che, oltre alle convinzioni e ai pregiudizi, c’è la disponibilità a crederci e l’irriverenza di andare controcorrente. Nessuno si salva da solo, l’ha detto il Papa, ma si è pensato a una frase fatta. Lo scrivono nei libri ed è retorica, ma se torna la musica. Se torna il gruppo e riparte la voglia di crederci – al di là dei luoghi comuni e dei pregiudizi – allora, forse, soffia un vento nuovo: lo stesso che agita i capelli di Damiano e colleghi, il refrigerio della vittoria e della consapevolezza che non tutto è perduto. Neppure i valori attorno a una gioventù fuori di testa, ma per fortuna diversa, al punto da riscrivere la storia dalla musica in poi. In barba alle parole vuote e ai preconcetti perché la gente – come dicono loro – parla e il più delle volte non sa di cosa.
The winner of the #Eurovision Song Contest 2021 is…ITALY! 🇮🇹🇮🇹🇮🇹🇮🇹🇮🇹 pic.twitter.com/Xv2AAotm1h
— Eurovision Song Contest (@Eurovision) May 22, 2021
© Andrea Desideri. Tutti i diritti riservati.
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